venerdì 31 agosto 2012

La nave "amara" dell'Apulia Film Commission

1991 - La nave Vlora con il suo carico di disperati
Anche quest’anno la Puglia del cinema sarà presente alla 69^ edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, in programma dal 29 agosto all’8 settembre 2012, diretta da Alberto Barbera con quattro produzioni filmiche.
Tre sono le opere cinematografiche girate nella Regione con il sostegno operativo e il contributo economico dell’Apulia Film Commission: “È stato il figlio” di Daniele Ciprì (in concorso Venezia 69), il documentario “La nave dolce” di Daniele Vicari (fuori concorso, evento speciale), ideato e coprodotto da Apulia Film Commission con la Indigo Film, e il cortometraggio “La sala” di Alessio Giannone (sezione “Orizzonti”), prodotto dal Comune di Bari con Apulia Film Commission.
Infine, il film “Carmela, salvata dai filibustieri” di Giovanni Maderna, girato anche a Taranto con l’assistenza di Apulia Film Commission, inserito nella nuova sezione “Cinema Corsaro” delle Giornate degli Autori diretta da Giorgio Gosetti.
Ma questa vigilia è stata "avvelenata" da una polemica sorta sulle colonne di un blog (il Golem) dove una misteriosa Giuseppina Belvedere (che si sospetta sia il fake di qualcuno ben informato o avvelenato nei confronti dell'ente presieduto da Antonella Gaeta) ha senza nemmeno troppi giri di parole avanzato il sospetto che il film diretto da Vicari, dedicato all'epopea degli albanesi della Vlora e ai baresi che l'affrontarono, non sia nient'altro che il rifacimento di un altro film, mai completato, "Lo stadio della Vittoria", di Angelo Amoroso d'Aragona, che, in cambio del silenzio per lo "scippo", abbia ricevuto un bel posto alla mediateca pugliese, dopo un concorso fatto su misura per lui.
Non solo: Belvedere (o chi per lei) denuncia il doppio ruolo dell'AFC, anche in veste di produttore e non solo di promotore, e il sovrapporsi dei suoi massimi dirigenti apicali (presidente, direttore e vicedirettore) nei "credits" dello stesso film diretto da Vicari. C'è da dire subito che, nonostante la materia incandescente e indubbiamente appetitosa per qualsiasi giornalista, nessuno dei paludati organi di stampa pugliesi abbia pensato bene di dedicare qualche riga alla storia. E questa, secondo noi, è già una notizia.
I filoni di indagine (giornalistica) sono ameno due: la paternità dell'idea e il concorso alla mediateca. Andiamo con ordine. Angelo Amoroso d'Aragona, filmaker storico della Puglia, stava lavorando da anni a un progetto che circa 5 anni fa ricevette dall'assessora Silvia Godelli (responsabile regionale della cultura) circa quarantamila euro di contributi per terminare il lavoro. Con questi soldi d'Aragona andò anche in Albania, per poter completare le riprese ed effettuare alcune interviste.  C'è anche da dire che nessuno dell'Apulia Film Commission ha negato di conoscere il lavoro di d'Aragona, anzi, nel comunicato di smentita e rettifica a Golem si legge che "Il progetto di documentario “Lo stadio della Vittoria” di Angelo Amoroso D’Aragona finanziato dall’Apulia Film Fund nel 2008 non è mai stato terminato né consegnato alla Fondazione AFC che pure aveva provato a sollecitare interventi di altri finanziatori, avendone visionato i primi frammenti."
Dunque Gaeta (attuale presidente) e Maselli (attuale direttore) lo conoscevano, o meglio erano al corrente che d'Aragona ci stesse lavorando. Ma poi, si preferisce produrre un altro film, ex novo, con un altro regista (Vicari, prestigioso autore di "Diaz") recuperando vecchi spezzoni e realizzando interviste ai testimoni (fra cui anche chi scrive) che si trovaronoin prima linea quell'8 agosto del 1991. 
Resta da sapere perchè d'Aragona non sia stato coinvolto, almeno come fornitore di riprese (che il regista barese aveva effettuato soprattutto allo stadio della Vittoria), se non proprio come coautore. E' qui che la velenosa Belvedere innesta i suoi sospetti più amari: è bastato dargli un posto alla mediateca per tacitarlo, comprando così il suo silenzio in cambio di un posto, sia pure a progetto, sa pure per soli due anni. L'Apulia film Commission, ovviamente, respinge sdegnosamente le accuse e minaccia querele: nessun concorso ritagliato a misura d'Aragona, nessun bando addomesticato. Nell'ambiente, però, che a ben guardare si rivela un vero e proprio verminaio, tutti sono pronti a raccontare delle difficoltà economiche e personali in cui si trova d'Aragona, del suo bisogno irrimandabile di trovare un lavoro, dei suoi ritardi nel terminare i progetti...Insomma anche se non ci dovesse essere nessuna irregolarità, il clima è appestato dalla situazione generale di crisi e difficoltà in cui si dibattono in genere artisti e filmaker.
Sullo sfondo resta, alla fine di tutto, proprio L'Apulia Film Commission, che oggi può produrre in proprio oltre che promuovere il cinema. E' la terza "mano" di Silvia Godelli, dopo il teatro Pubblico Pugliese e l'Apulia Sounds. Tre carrozzoni, dice qualcuno, tre piccoli ministeri che insieme fanno una sorta di Minculpop, dice qualcun altro, dove lavora solo "chi vogliono loro". Fra le tante realizzazioni della Giunta Vendola, forse questi strumenti per il controllo della produzione culturale, più che per la promozione, dovrebbero subire, in futuro, un serio ripensamento e un profondo restyling.
Gli stessi veleni che suscitano, per quanto possano essere giudicati infondati e ingiusti, buttano ombre sull'intera gestione vendoliana della cultura regionale e il silenzio di tutte le testate (terrorizzate forse dal non ricevere più pubblicità istituzionale dalla regione) la dice lunga sullo stato in cui versa l'informazione in Puglia. C'è stato persino chi ha avanzato il sospetto che chi scrive, avendo partecipato al film come intervistata (gratis, con liberatoria), non avesse interesse a parlare di questa vicenda. E' un clima irrespirabile, non giova nè alla verità nè alla cultura. Ma i metodi godelliani (vendoliani) di gestire la cultura hanno decisamente contribuito a crearlo.

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