domenica 28 ottobre 2012

Il gergo della postmodernità per analizzare il presente

 
Sabato 27 ottobre alle 19,30 nella Sala Turtur a Molfetta è stato presentato il volume «Il gergo della postmodernità» (Unicopli, Milano 2012) scritto da Giacomo Pisani, illustre redattore di Quindici e direttore della rivista Terre Libere, che ha organizzato l’evento.
Alla presentazione sono intervenuti Augusto Illuminati, uno dei maggiori filosofi italiani e studioso di Marx, Spinoza e Rousseau (ha collaborato con Luogo comune, Alfabeta e il Manifesto e attualmente è redattore di Common, Global Project e Alfabeta2), Luigi Pannarale, sociologo e ordinario di Sociologia del Diritto all'Università di Bari e Marino Centrone, docente di Filosofia della Scienza dell'Università di Bari.
Il volume analizza quelle categorie alienanti della modernità hanno determinato una modalità d’esistenza in autentica, in senso heideggeriano, in cui il progettamento dell’individuo era dettato da condizioni astratte, a cui corrispondevano ritmi di lavoro usuranti e oppressivi. La fissità della categorie economico-politiche della modernità- determinata dall’assorbimento dell’individuo entro il modello sociale sussistente e dall’impossibilità di assumerne la storicità- ha determinato l’insufficienza di queste ultime a favorire un pieno inserimento degli individui all’interno del contesto sociale stesso di appartenenza, per quanto alienante e oppressivo. L’impossibilità di accedere al lavoro, nella postmodernità, determina la fuoriuscita degli individui dal progetto determinato dal modello paradigmatico di appartenenza. Al contempo, la postmodernità ha realizzato l’immissione degli individui entro spazi neutri (casi esemplari sono i centri commerciali e i social network) deprivati dei caratteri identitari che costituiscono l’orizzonte di senso di una comunità, lo spazio delle relazioni sociali, l’ambito della comprensione. Al di fuori del proprio orizzonte storico di riferimento, e al contempo impossibilitato ad accedere al lavoro e alle matrici di significazione della modernità (casa, famiglia ecc), il giovane postmoderno resta sospeso entro un limbo dell’indifferenza, impossibilitato a progettarsi a lungo termine. I caratteri della comprensione inautentica non genuina di heideggeriana memoria ben si adattano a tale modalità di esistenza, fondata sulla chiacchiera (la chat- letteralmente “chiacchiera” -ne è un esempio peculiare), sulla curiosità e sull’equivoco, che alimentano la diversione e l’irrequietezza. L’individuo postmoderno, più che assumere la storicità del proprio orizzonte storico, che favorirebbe una corrispondenza all’essere in senso heideggeriano e la fuoriuscita dall’oblio metafisico di quest’ultimo, già richiamata da Vattimo, è totalmente assorbito dalla pubblicità postmoderna e impossibilitato a fuoriuscire da tale modalità d’esistenza, ponendosi in tal modo ai margini del meccanismo economico esistente e legittimando le forme di repressione dell’alterità. Ma il migrante, nella sua irriducibile alterità, costituisce, in senso gadameriano, un appello, per comprendere il quale è necessaria un’apertura del proprio orizzonte comprensivo, che si presenta finalmente nel suo carattere progettuale, possibile, che apre spazi di decisione e ridefinizione che danno voce agli individui in carne e ossa, demolendo l’oggettività tecnico-metafisica dell’essere.

                                                                                                            di Isabella Battista

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