Tutti la vogliono questa legge di iniziativa popolare, almeno a parole. Poi però al momento dei fatti viene chiesto il voto segreto in Aula e... guarda caso, la legge non passa.
In ballo in Consiglio Regionale la proposta di legge di iniziativa popolare sulla parità di genere. Due gli articoli elaborati dal Comitato promotore - da una parte si stabilisce che in ogni lista sia garantita parità di rappresentanza per i due sessi (pena l’inammissibilità della stessa) e che la presenza paritaria sia rispettata nei programmi di comunicazione politica e nei messaggi autogestiti, dall’altra si introduce la possibilità per l’elettore di esprimere la doppia preferenza, che non può essere attribuita a candidati/e dello stesso sesso - e per la cui approvazione era necessaria la maggioranza qualificata (36 voti).
Il nodo della polemica in aula è stato inerente alla possibilità di recepire la proposta di legge di iniziativa popolare all'interno di una riformulazione complessiva della legge elettorale (che tra l'altro deve essere assolutamente approvata prima della fine di questa legislatura per poter avere una coerenza con lo Statuto, sia alla luce dei provvedimenti della Corte Costituzionale, sia perchè bisogna ridurre da 70 a 50 il numero dei Consiglieri regionali.
L'aula non è arrivata però ad esprimere il voto finale dal momento che ha bocciato i singoli articoli del testo, facendo ricorso al voto segreto. Modalità a cui si è fatto ricorso su richiesta di sette consiglieri del centrodestra, dopo che il capogruppo PdL Rocco Palese aveva deciso di ritirare l’ordine del giorno, con il quale "il Consiglio regionale si impegnava a rinviare alla VII commissione, competente in materia, la proposta di legge in questione con l’impegno a recepirla contestualmente alla revisione complessiva della legge elettorale regionale".
L'aula non è arrivata però ad esprimere il voto finale dal momento che ha bocciato i singoli articoli del testo, facendo ricorso al voto segreto. Modalità a cui si è fatto ricorso su richiesta di sette consiglieri del centrodestra, dopo che il capogruppo PdL Rocco Palese aveva deciso di ritirare l’ordine del giorno, con il quale "il Consiglio regionale si impegnava a rinviare alla VII commissione, competente in materia, la proposta di legge in questione con l’impegno a recepirla contestualmente alla revisione complessiva della legge elettorale regionale".
La proposta era stata formulata da Palese nel corso del dibattito precedente al voto, allo scopo di “procedere in maniera ordinata e arrivare all’approvazione organica della norma”, ma, dopo che nell'incontro con il presidente del Consiglio Onofrio Introna, il Comitato promotore aveva preferito rimettere al Consiglio ogni decisione, il capogruppo PdL ha fatto marcia-indietro, ritirando l'odg.
Vano anche l’invito del presente della Regione Vendola, che nel suo intervento a favore dell’approvazione della legge, aveva chiesto ai consiglieri di esprimere il loro voto in maniera “trasparente, senza ricorre a sotterfugi”. Favorevole alla proposta anche la maggioranza ad eccezione del consigliere regionale IdV Patrizio Mazza, dichiaratosi “contrario”: come lui molti esponenti dell’opposizione, pur con alcuni distinguo.
Alla fine si è andati alla conta e, sorpresa, ne è scaturito un no che allontana la parità di genere.
Con la mancata approvazione della legge ‘rosa’, “è stata sciupata una bella pagina di politica, ma nulla è perduto, il prossimo Consiglio regionale rispetterà la parità di genere”. È più di un auspicio quello di Onofrio Introna.
“Al di là della delusione di chi attendeva un voto positivo, questo stop non pregiudica il percorso verso una parità compiuta in quest’Aula, nella prossima legislatura regionale”, aggiunge il presidente.
“Al di là della delusione di chi attendeva un voto positivo, questo stop non pregiudica il percorso verso una parità compiuta in quest’Aula, nella prossima legislatura regionale”, aggiunge il presidente.
Introna ha sottolineato lo sforzo dell’Ufficio di Presidenza di trovare un’intesa con le rappresentanti del Comitato che consentisse di uscire dall’empasse. Le assenze giustificate, per motivi istituzionali, di diversi consiglieri del centrosinistra rendevano difficile raggiungere la maggioranza qualificata richiesta. Servivano 36 voti per far passare il testo di legge in esame.
In verità, a sentire i rumors che circolano negli ambienti bene informati, sono pochi i Consiglieri disposti ad andare fino in fondo in questa battaglia.
In fondo si dimezzerebbero i posti in lista, in liste che già saranno più magre per via del taglio del numero dei consiglieri.
Solo fantapolitica? Per adesso l'Aula ha scelto il muro contro muro, che ha portato al voto contrario. Introna dice e sottolinea che nulla è perduto e che si può ancor raggiungere questo obiettivo. Evidentemente il Presidente del Consiglio conosce qualche metodo efficace per convincere i riottosi (di maggioranza ed opposizione) a fare un passo indietro.
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