Gianfranco Di Noia |
Con le note di Nel blu dipinto di blu cantata da Domenico Modugno, nella splendida cornice del Petruzzelli di Bari, si è chiuso il XXXI Congresso Nazionale Forense. Un'organizzazione fantastica, per la quale dobbiamo ringraziare il CoA di Bari, ha alleviato la fatica di delegati e congressisti nei tre giorni della manifestazione.
La massima assise dell'avvocatura ha visto gli interventi non solo di avvocati ma anche di politici che non sempre hanno riscosso il consenso dei presenti. Applausi per il Presidente del Senato, Renato Schifani e per il Governatore della Regione Puglia, Nichi Vendola. Quest'ultimo è intervenuto per affermare senza mezzi termini il ruolo primario dell'avvocatura nell'amministrazione della giustizia che, secondo le logiche attuali, è sempre più penalizzata, tanto da renderne quasi impossibile l'accesso ai cittadini per il continuo aumento di costi e adempimenti richiesti.
Grande assente del Congresso il Ministro della Giustizia, Paola Severino, nei cui confronti si sono levate parecchie voci critiche.
Il congresso doveva focalizzare e risolvere due questioni principali: la riforma professionale e la rappresentanza.
La prima - in attesa di approvazione da parte del Parlamento - a sentire quanti si sono alternati sul palco non piace quasi a nessuno ma è stata votata da tanti insieme ad un'altra mozione che già prevede, con la nuova legislatura, degli interventi correttivi e migliorativi.
I principali motivi di dissenso riguardano la formazione professionale continua, le specializzazioni e l'accesso alla professione, soprattutto alla luce delle consistenti riduzioni di reddito che la sciagurata rivisitazione delle tariffe forensi, oggi dette parametri, unita ad altri interventi penalizzanti, ha comportato.
Altro problema, per molti - i meno abbienti e più giovani - riguarda i consistenti contributi minimi previdenziali.
Ma il congresso è anche politica e quello di Bari, a mio avviso, ha visto un rafforzamento del Consiglio Nazionale Forense che, con la legge di riforma, vedrà concentrati al suo interno tutti i poteri, pur rimanendo privo di rappresentatività.
Rappresentatività che è prerogativa dell'OUA - che dal voto esce indebolita, anche da un punto di vista economico -, degli Ordini e delle Associazione Forensi maggiormente rappresentative.
Mi ero augurato che dal Congresso uscisse una proposta concreta e condivisa sulla governance dell'avvocatura, con l'OUA al centro di un sistema che veda il contributo, non solo consultivo, delle Associazioni Forensi; ma le questioni legate alla riforma e il tentativo - fallito - di ottenere una proroga per l'uscente Presidente Maurizio de Tilla, unito a tanti sofismi e tatticismi che molti avrebbero potuto risparmiarci, hanno impedito di fatto ciò. Ma forse sono in errore io che auspico la figura del "rappresentante unico" mentre questa non è un bene sia per la democrazia che per quanti vogliono salvaguardare i loro infinitesimali spicchi di potere.
La massima assise dell'avvocatura ha visto gli interventi non solo di avvocati ma anche di politici che non sempre hanno riscosso il consenso dei presenti. Applausi per il Presidente del Senato, Renato Schifani e per il Governatore della Regione Puglia, Nichi Vendola. Quest'ultimo è intervenuto per affermare senza mezzi termini il ruolo primario dell'avvocatura nell'amministrazione della giustizia che, secondo le logiche attuali, è sempre più penalizzata, tanto da renderne quasi impossibile l'accesso ai cittadini per il continuo aumento di costi e adempimenti richiesti.
Grande assente del Congresso il Ministro della Giustizia, Paola Severino, nei cui confronti si sono levate parecchie voci critiche.
Il congresso doveva focalizzare e risolvere due questioni principali: la riforma professionale e la rappresentanza.
La prima - in attesa di approvazione da parte del Parlamento - a sentire quanti si sono alternati sul palco non piace quasi a nessuno ma è stata votata da tanti insieme ad un'altra mozione che già prevede, con la nuova legislatura, degli interventi correttivi e migliorativi.
I principali motivi di dissenso riguardano la formazione professionale continua, le specializzazioni e l'accesso alla professione, soprattutto alla luce delle consistenti riduzioni di reddito che la sciagurata rivisitazione delle tariffe forensi, oggi dette parametri, unita ad altri interventi penalizzanti, ha comportato.
Altro problema, per molti - i meno abbienti e più giovani - riguarda i consistenti contributi minimi previdenziali.
Ma il congresso è anche politica e quello di Bari, a mio avviso, ha visto un rafforzamento del Consiglio Nazionale Forense che, con la legge di riforma, vedrà concentrati al suo interno tutti i poteri, pur rimanendo privo di rappresentatività.
Rappresentatività che è prerogativa dell'OUA - che dal voto esce indebolita, anche da un punto di vista economico -, degli Ordini e delle Associazione Forensi maggiormente rappresentative.
Mi ero augurato che dal Congresso uscisse una proposta concreta e condivisa sulla governance dell'avvocatura, con l'OUA al centro di un sistema che veda il contributo, non solo consultivo, delle Associazioni Forensi; ma le questioni legate alla riforma e il tentativo - fallito - di ottenere una proroga per l'uscente Presidente Maurizio de Tilla, unito a tanti sofismi e tatticismi che molti avrebbero potuto risparmiarci, hanno impedito di fatto ciò. Ma forse sono in errore io che auspico la figura del "rappresentante unico" mentre questa non è un bene sia per la democrazia che per quanti vogliono salvaguardare i loro infinitesimali spicchi di potere.
Gianfranco Di Noia
(Presidente Associazione Forense di Cerignola)
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