Non ha più la sua identità storica. Non ne ha ancora una nuova. L'impressione che dà è di un cantiere abbandonato a metà da un'improvvisa fuga di chi ci stava lavorando.
Persino il nome, ormai, non ha più senso. Non c'è più il Levante di una volta, che per la Puglia costituiva già qualcosa di favolosamente lontano e sconosciuto anche se affine, per storia, vicende, religione.
Oggi il Levante che conta davvero è quello vicino e lontano ad un tempo di Cina, India e Giappone. Anni luce da ciò che oggi la Fiera è davvero, che poi è molto più semplice e doloroso dire ciò che non è. O almeno non è ancora.
Non è più una campionaria: ormai non c'è bisogno di allestire una fiera per conoscere le ultime novità in campo industriale, commerciale, sociologico e culturale.
Non è più la fiera dei baresi, avendo perso tutte quelle attrattive che inducevano i concittadini di Emiliano a recarvicisi (magari ottenendo immancabilmente i biglietti gratis).
Non ha più il Levante balcanico-egeo come riferimento, avendo perso anche la chance del famoso corridoio 8, cui sono state preferite altre più teutoniche direttrici.
Inoltre: nonostante gli sforzi più mediatici che concretamente efficaci del governo Vendola, la Puglia arranca come il resto d'Italia e la vecchia definizione di "California del Sud" oggi è più obsoleta che mai.
Ma la crisi della Fiera coincide con la crisi della Politica, in generale. E non è affatto un caso. Sin dal suo nascere, nel lontano 1930, La fiera del Levante ha portato con sè un forte e significativo bagaglio di sensi e significati politici, esplosi però dopo il secondo dopoguerra. Per decenni la Democrazia Cristiana l'ha modellata attraverso i presidenti e gli staff di direzione.
Oggi tutto questo non ha più senso: la politica ha perso peso nei suoi fattori più nobili e si è sovraccaricata nei suoi più bui difetti. I famosi giganti sulle spalle dei quali camminano i nani, si sono estinti. ed i nani sono rimasti a piedi.
Sarebbe necessaria una riflessione generale su cosa fare di questo pachiderma in coma, dei suoi 300 mila metri quadri di estensione, delle sue strutture equamente divise fra l'archeologia e l'innovazione. Insomma una serie di pensieri lunghi, come le classi dirigenti italiane erano capaci decenni fa.
Nel buio della crisi e dell'arretramento, la Fiera dovrebbe essere un faro. Come quello che svetta a poche decine di metri, sulle vecchie rocce di San Girolamo.
di Fortunata Dell'Orzo

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