lunedì 10 dicembre 2012

Tagli alle province? Scusate, abbiamo scherzato!

Scusateci. Abbiamo scherzato. Dibattiti, rapporti, scontri tra le Istituzioni, accorpamenti, aree metropolitane, province più funzionali, enti inutili, poltrone da tagliare, risparmi per lo stato.
Tutto gettato, di colpo, nel gabinetto. Con annesso tiro di sciacquone.
Il decreto che dimezzava le Province italiane non verrà convertito in legge. La decisione è stata presa all'unanimità dai partecipanti ai lavori della Commissione Affari Costituzionali del Senato, conclusasi in serata alla presenza tra gli altri dei ministri per la pubblica amministrazione Filippo Patroni Griffi e dei rapporti con il Parlamento Piero Giarda. 
Al momento sembrano davvero legate ad un filo le possibilità di poter convertire il provvedimento a causa del numero eccessivo dei sub-emendamenti pari in tutto a 140, nonostante per domani mattina sia convocata comunque una riunione dei capigruppo per poter decidere in merito.
In pratica, tutti i gruppi consiliari affossano il decreto taglia-province.
Un numero nemmeno troppo elevato di emendamenti che si presenta come una corsa ad ostacoli per il Governo, a maggior ragione considerando il ritiro della fiducia del Pdl, che di fatto mina ogni singola votazione, figuriamoci 140 voti sul decreto.
In realtà il tempo per poter provvedere alla conversione del decreto legge c'è (scade il 6 gennaio 2013). Quella che manca sembra proprio essere la volontà politica di un partito, il Pdl, che ha scelto di affossare Monti per cercare di salvare il salvabile di se stesso. Anche a discapito di tutti i sacrifici e le intese che faticosamente erano riuscite a trovare spazio in quest'anno nel rapporto tra Governo e Parlamento.
 "Il governo", ha commentato il Ministro Patroni Griffi, "ha fatto quello che poteva, ma la situazione non si poteva sbrogliare ulteriormente. Ultimamente si sono imposti alcuni giochi in Parlamento".
A complicare la conversione, inoltre, è intervenuta anche la decisione del Pdl di depositare in aula al Senato una pregiudiziale di costituzionalità, come aveva annunciato giorni fa Filippo Saltamartini, relatore per il Pdl del decreto. Un colpo che promette di affossare definitivamente ogni speranza.
Intanto da Palazzo Chigi ieri sera è arrivato un avvertimento: “La mancata conversione del decreto legge sulle Province comporterebbe una situazione di caos istituzionale … tra le conseguenze, oltre ai mancati risparmi, la lievitazione dei costi a carico di Comuni e Regioni e il blocco della riorganizzazione periferica dello Stato”.
Oltre a ciò si aprirebbe una questione finanziaria per il problema dei mutui contratti dalle Province con banche e Cassa depositi e prestiti: dovrebbero essere addossati a Regioni o Comuni.
Ma più di tutti resta il problema, tutto politico, di una riforma che, sia pur non completa, andava nella direzione che tutti gli italiani auspicavano. Un taglio delle poltrone e degli enti inutili, ed una razionalizzazione delle risorse.
Certo, avrebbe potuto essere migliorata, si sarebbe potuto (e dovuto fare di più).
Noi di Puglia d'oggi da tempo auspichiamo l'abolizione totale delle Province, cosa che tra l'altro era nei programmi elettorali dei due principali partiti nell'ultima campagna elettorale.
Oggi, invece, qualcuno ha deciso, volutamente e con coscienza, che è molto meglio salvare qualche poltrona inutile, come quella dei Presidenti delle Province. 
D'altronde, siamo in campagna elettorale. O no?
di Roberto Mastrangelo

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