venerdì 11 maggio 2012

Nel Sudoku pugliese un ceffone a Vendola

di Enrico Ciccarelli


Il dato elettorale pugliese non è di facilissima lettura, come è sempre per le amministrative del Mezzogiorno. Al Sud più che altrove, infatti, si assiste al fenomeno per cui spesso non sono i partiti a ispirare liste civiche, ma aggregazioni civiche a prendere in prestito simboli di partiti per competere. Evitando di voler dipanare l’aggrovigliata matassa dei centri al di sotto dei quindicimila abitanti, qualche riflessione può farsi sul voto delle città maggiori.
Innanzitutto la regola è quella del ballottaggio: un esito che può essere collegato sia ad una notevole frammentarietà del voto, con un gran numero di liste e di candidati (anche gonfiato artificiosamente dalla possibilità per molti candidati sindaci di entrare in Consiglio), sia ad una mobilità elettorale che si è fatta molto intensa. Anche il dato dell’affluenza, in calo ma non inabissata, conferma che il diffuso malumore per la politica non comporta disaffezione, quanto piuttosto difficoltà di rappresentanza.
Gli interessi leciti (ed anche quelli illeciti, visto il clamoroso caso del candidato sindaco di Apricena arrestato prima del voto come killer in pectore) diffidano in misura crescente della capacità di mediazione della politica e scendono in campo direttamente. Malgrado il brillante risultato di Lecce, di cui si dirà più oltre, il centrodestra imperniato sul Pdl va maluccio: si perde al primo turno Brindisi, si va incontro ad una probabile sconfitta a Martina Franca, non si arriva nemmeno al ballottaggio a Taranto. Anche la probabile vittoria di Di Bari a Fasano, Riserbato a Trani e di Caporale a Canosa non possono essere considerati successi, essendo questi centri delle tradizionali roccaforti del centrodestra.
Quanto a Torremaggiore, l’unico centro del foggiano sopra i quindicimila abitanti interessato al voto, il Pdl completa il disastro del 2009 (quando la sua strapotente maggioranza non riuscì a far eleggere il candidato sindaco “sbagliato”) uscendo dai giochi al primo turno a vantaggio del futurista Monteleone. Il Partito Democratico può dirsi mediamente soddisfatto del risultato del “laboratorio politico” (peraltro variamente articolato e maculato) dell’alleanza sinistra-centro nel Salento, che ha il suo miglior risultato a Brindisi: si pensava che D’Attis avrebbe costretto il giornalista brindisino Mimmo Consales al secondo turno, anche in virtù della locale secessione dell’Italia dei Valori e della Puglia per Vendola.
Così non è stato, malgrado il brillante risultato della locale lista di Futuro e Libertà, schierata con il centrodestra tradizionale. È un’alternanza che fa la differenza e che non ha alcun risultato di segno contrario (fa impressione sul piano simbolico la vittoria del centrodestra ad Apricena, l’ex-Stalingrado del Sud; ma sul piano numerico è poca cosa). Un discorso a parte merita Vendola: il presidente della Regione non esce bene da questa consultazione. Il suo pupillo Ippazio Stefàno va al ballottaggio a Taranto, sia pure per mera formalità, a causa della jacquerie ambientalista di Bonelli. Sinistra, Ecologia e Libertà si conferma partito tanto chiassoso quanto inconsistente e lacerato, palesando un’imbarazzante mancanza di radicamento territoriale. Ma forse a bruciare più di ogni altra cosa è l’esito infelicissimo della candidatura di Loredana Capone a Lecce.
Non si tratta solo di aver perso, esito che era ragionevolmente prevedibile, ma di aver portato il centrosinistra leccese al suo minimo storico, con un personale score della candidata sindaco obiettivamente deludente. In altri luoghi si potrebbe legare questo risultato ad una discriminante di genere, ma non nella Lecce che ha avuto in Adriana Poli Bortone uno dei primi cittadini più stimati ed amati. La bocciatura della vicepresidente è ragionevolmente anche un indice di malcontento per l’azione del governo regionale.

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